6 dicembre 1990. Oggi è una giornata bellissima. Avete presente quelle giornate d’inverno dove il cielo ha il colore del mare d’agosto, l’aria punge le guance, e il fumo esce bianco dalle case?
il Natale sta per arrivare e le VACANZE…! L’Italia è arrivata terza ai Mondiali da 152 giorni. Il muro di Berlino è caduto da poco più un anno. E io ho 15 anni da 6 mesi e 26 giorni.
SCIOPERO! Sciopero degli insegnanti, oggi si esce prima, oggi alle 10:30 il nonno mi passa a prendere e poi via, si va a casa e poi si vedrà…
Ore 10:33 l’aria intorno prende velocità e peso, le voci si rincorrono nei corridoi e una notizia: strana, inverosimile, impossibile: “un aereo, un aereo è caduto”.
Ok dai, è uno scherzo, una bugia, una di quelle notizie da gioco del telefono dove un aereo di carta diventa un aereo vero, magari un aereo militare, e poi un aereo caduto. Ma dove?
Mica potrà cadere su Bologna, non siamo mica sul set di quei film americani dove arriva l’Apocalisse durante i preparativi delle feste dove tutti sono felici, i bambini pensano ai regali e le nonne sono impegnate nei preparativi per il pranzo di Natale. E poi un aereo è caduto su Bologna. Ma dove? Sulla scuola! Ma quale scuola?
LA NOSTRA?!
L’aereo all’interno dell’Istituto Salvemini nel 1990 (Wikipedia)
La nostra scuola, il Salvemini
Eppure io sono qui, sono ancora qui. Appoggiato sul banco in formica verde seduto sulla mia seggiola in compensato smangiucchiato giallo ad aspettare la campanella.
“Ma non questa scuola, quella di Casalecchio, quella in via del Fanciullo, la succursale!”. Quella palazzina di due piani che spicca rossa circondata da palazzi grigi di 20. Quella che ci ospita a giorni alterni, quella che ci ha fatto da scialuppa ieri, oggi è affondata come colpita da un siluro fuori controllo.
Noi invece siamo qui, a 5km di distanza seduti sul Rosso in questa sorta di Roulette al contrario mentre la biglia si ferma sul Nero e il cielo cade.
Ecco, io mi ricordo tutto di quel giorno (questo giorno) che da 35 anni si ripete, mi ricordo cosa è successo dopo, mi ricordo il telefono grigio con la rotella che squilla, mi ricordo mio padre piangere per la prima volta, al citofono, quando ha suonato al portone e ho risposto: “Chi è?!”
Mi ricordo tutto del disastro del Salvemini
Mi ricordo gli speciali dei telegiornali alla TV.
Mi ricordo quel pomeriggio interminabile al parco mentre aspettavamo che tornassi, che ti trovassero, che ti fossi smarrita, e poi mi ricordo quando ti abbiamo trovata, tra i nomi che scorrevano nel sottopancia del giornalista RAI, quei 12 nomi che non avrei mai voluto leggere.
Mi ricordo tutto di quel giorno, mi ricordo di tua mamma sul balcone, seduta per terra con le ginocchia in bocca, senza giacca anche se faceva freddo, perché tanto più freddo di così non poteva sentire.
Mi ricordo di uno Stato che non c’è stato.
Mi ricordo di quei garofani bianchi con su scritto MAI PIÙ.
Mi ricordo della chiesa dove gli uomini grigi si litigavano la prima fila
Mi ricordo che anche il giorno che ti abbiamo salutata c’era il Sole e faceva freddo (proprio come oggi).
Mi ricordo che c’è stato un prima e che c’è stato (e c’è ancora) un dopo.
Mi ricordo che quel giorno tutti siamo diventati un po’ più grandi e un po’ più piccoli.
Mi ricordo i tuoi occhiali e la tua foto.
Mi ricordo che ogni tanto penso a come saresti stata, come saresti adesso, cosa avresti fatto, chi saresti diventata.
Mi ricordo che avrei voluto dimenticare mentre l’occhio cade a sinistra: sul calendario sulla scrivania (non così diverso dell’inizio della storia): DICEMBRE 2025