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Cronache

La guerriglia di Bologna

Cronaca di una guerriglia urbana: ieri sera (21 novembre), a Bologna, scontri tra manifestanti e forze dell’ordine: l’oggetto della discordia, la partita di Eurolega tra Virtus Bologna e Maccabi Tel Aviv, soprannominata la “partita della vergogna”

Guerriglia urbana

La fredda serata di ieri, inizia in Piazza Maggiore, ritrovo della manifestazione organizzata dalle sigle Pap, Cambiare Rotta, Usb, Giovani Palestinesi. Alle 18 sono già più di un migliaio le persone accorse in loco, ed una decisa ma leggera pioggia inizia a cadere dal cielo. La città è militarizzata, con l’istituzione di una zona rossa, intorno al perimetro del PalaDozza, sede della partita tra Virtus Segafredo e Maccabi Tel Aviv. Match che è all’origine della discordia e dell’attrito: la tensione è palpabile. Una signora ci spiega: «nella mia città e nel mio palazzo non si deve giocare questa partita»; gli fa da eco un uomo lì vicino, a cui chiedo «cosa significa essere qui, per te, oggi?». Risponde sibillino «fare presenza per manifestare contrarietà». Bologna, manifestazione 2

Un necessario passo indietro

Ma andiamo per gradi e facciamo un salto temporale: la querelle tra Comune e Governo, impersonificati da Lepore e Piantedosi aveva infiammato la vigilia dell’evento. Il sindaco di Bologna avrebbe preferito un’alternativa al PalaDozza, situato nel centro cittadino; le opzioni valutate e proposte erano: l’ Unipol Arena di Casalecchio di Reno e la Fiera. Entrambe lontane dal centro ma ambedue rigettate dal Viminale. Il Ministro dell’Interno, Piantedosi, ha decretato che la partita si sarebbe dovuta giocare al PalaDozza: a questo punto è sceso in campo De Pascale -e quindi la Regione- ripercorrendo la linea tratteggiata da Lepore. Non è bastato: lo scambio politico è stato fugace ma definitivo.

Riavvolgiamo il filo – La voce di chi c’era

Nel variopinto capannello della piazza ci sono persone di tutte le età. Esprimono solidarietà al popolo palestinese e viceversa sono infastiditi dalla legittimità che lo sport ha donato all’evento: questa pratica, da tempo molto diffusa, ha un nome, sportswashing; ovvero, il ripristino dell’immagine pubblica di un’ente politico e sociale, attraverso lo sport.

Ci muoviamo verso il centro, poi ai lati di Piazza Maggiore: più passano i minuti e maggiore è la calca. Alla fine saranno 5-6.000 manifestanti. Individuo un gruppo di ragazze e ragazzi e chiedo: «cosa significa essere qui, per voi, oggi?». «Presenza» dice il primo. «Mantenere una forte attenzione per qualcosa che sta accadendo e su cui dobbiamo porre l’accento», afferma una ragazza. E poi, a ruota libera, altri manifestanti: «Sostegno, non sono di qui ma quando posso sono sempre qui»; «presenza del popolo che viene dal basso: spesso tendiamo a dimenticare ciò che ci circonda e la pace a Gaza non c’è»; «il potere si svuota quando si riempiono le piazze»; «la libertà della Palestina è (anche) la nostra libertà»; infine un ragazzo, poco prima di lasciare il punto di ritrovo: «essere qui dopo 2 anni significa dire basta a una situazione che rappresenta già la prova per la repressione del futuro».

Bologna, manifestazione 3

Il corteo in movimento

La manifestazione, verso le 19 lascia Piazza Maggiore: nessun incidente né tantomeno eccessiva agitazione. Il corteo, composto da circa 6.000 persone prosegue verso l’inizio di via Ugo Bassi, lì dove c’è l’incrocio con via Marconi e via San Felice. La polizia reparto celere, guida la testa del gruppo, a debita distanza. Nessuna escandescenza durante il tragitto. Cori di aperto dissenso indirizzati sia al sindaco Lepore che al ministro Piantedosi. La pioggia, che aveva bagnato copiosamente il ritrovo di un’ora prima, non cade più. Mentre i cori e la musica fanno da sottofondo, ci avviciniamo ad un poliziotto: «cosa significa essere qui, per te, oggi?»; «Sto facendo il mio lavoro, sto facendo il mio lavoro». Lo ripete fissandoci negli occhi. La quiete prima della tempesta.

Gli scontri

La guerriglia urbana avviene in un lampo. Si accende e si spegne come nulla fosse, lasciando a terra e sui corpi i segni evidenti dello scontro. All’altezza di via Marconi, svincolo di via delle Lame, ad attendere la manifestazione, dispiegati circa 200 agenti, con blindati, scudi, caschi e manganelli. Sui loro volti la tensione. C’è un momento infinito di attesa. Il corteo, con i megafoni ed i loro organizzatori, chiedono di poter passare e raggiungere il PalaDozza. Il divieto delle forze dell’ordine è scontato: sono lì a protezione di una via che rappresenta una situazione politica, ma anche sportiva, sociale. Anche i manifestanti sono lì per una questione umanitaria e sociale, che divide e lacera i conflitti latenti.

All’improvviso, dalla coda del corteo, schierati di fronte agli agenti in assetto anti-sommossa si materializza un gruppo: coperti in volto dalle sciarpe, caschi in testa. Dapprima tirano schegge, uova. In un attimo si scatena l’inferno: bengala, razzi, fuochi d’artificio, bombe carta, fumogeni, laser. L’aria è irrespirabile, l’asfalto coperto dai detriti. La polizia risponde con copiosi getti d’ acqua e lancio di lacrimogeni.

Guerriglia urbana, 3

La nube rarefatta ci investe istantaneamente. Il ronzio delle esplosioni è accompagnato dagli allarmi degli edifici e quelli scattati da auto e scooter in strada. L’elicottero della polizia sorvola il teatro della guerriglia. Gli organizzatori della manifestazione urlano ai megafoni di seguire loro, cioè la testa del corteo, distaccandosi da chi continua a generare caos dietro di loro (infiltrati?). Il corteo si scompone: una parte prosegue su via Marconi, altri accorrono verso piazza San Francesco e le zone limitrofe. Impauriti e, come tutti, disorientati. Lo scenario è preoccupante: c’è chi continua a provocare disordini, prendendo ciò che possono dai cantieri -transenne in particolar modo-, rovesciando i contenitori dei rifiuti per formare barricate (ricordando il celebre “The dreamers” di Bernardo Bertolucci) e chi è estraneo a qualsivoglia atto di aggressione.

Guerriglia urbana, 21 novembre 2025

Ci saranno altri scontri tra manifestanti e forze dell’ordine in diversi punti della città: via Riva di Reno, via del Pratello ma il grosso della situazione è legato a quell’angolo di via Marconi.

Conclusione

Sfiniti ci dirigiamo verso casa: le immagini in testa sono numerose quanto le domande. L’adrenalina è implacabile; i gas ci fanno lacrimare, ma forse non sono solamente gocce indotte. Il conflitto è conflitto. La rabbia di una società sfinita e a pezzi si scontra con la ragione di stato. Valeva davvero la pena giocare questa partita nel cuore del centro cittadino? L’incolumità dei civili e delle forze dell’ordine, così come dei manifestanti, è stata messa in pericolo. È necessario ripensare a quanto accaduto, riflettendo seriamente, lasciando da parte convinzioni politiche o schieramenti ideologici. L’evento sportivo è simbolo di festa: ieri, lo è stata?

Guerriglia urbana

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