Quante volte ci è capitato di intravedere degli happy ending in film o libri, anche quando l’idea di fondo del regista o scrittore non era tale? Moltissime volte. Sarà una virtù degli speranzosi credere alla positività, nonostante ci si trovi di fronte a finali ambigui. Una delle scene finali che hanno fatto la storia del cinema è quella di “Il laureato” di Mike Nichols. Benjamin Braddock (Dustin Hoffman) ed Elaine Robinson (Katherine Ross) scappano dalla chiesa, dove lei si deve sposare con un altro, ridono, corrono e salgono su un bus urbano. Nel 1967 la risposta del pubblico fu entusiasta, perché sembrava il riscatto dell’amore giovanile in contrasto a un mondo repressivo ed ipocrita.

Scena della fuga in “Il laureato (©Il laureato)
“Il laureato”: un film di passaggio per una nuova era cinematografica
Storicamente “Il laureato” è classificato come uno dei tre film, assieme a “Bonny and Clide” (1967) e a “Easy Rider” (1969), che inaugurarono una nuova fase nel cinema, ovvero la New Hollywood. Nel 1967 i registi cominciarono a interrogarsi riguardo i valori della generazione precedente: “Il laureato” diventò l’emblema di una ribellione confusa, necessaria, ma non risolutiva.
Benjamin è infatti un inetto e non sa cosa vuole: sarà così fino alla fine. Lo spettatore rimane inizialmente elettrizzato per il suo slancio romantico conclusivo. Tuttavia, quell’happy ending lo lascia in sospensione: dopo essere saliti sull’autobus, Elaine e Benjamin si guardano in modo esitante, i loro sguardi si incupiscono e un silenzio imbarazzato avvolge la scena. L’ultima inquadratura si sofferma sui loro volti immobili, che sembrano guardare verso un futuro fattosi improvvisamente nebuloso.
Un happy ending ambiguo
L’equivoco sull’happy ending nasce da una lettura superficiale o romantica del film: il silenzio dei due fuggitivi può apparire una risposta all’anticonformismo. Poiché i due giovani hanno sfidato le convenzioni, le famiglie, le aspettative, e sono finalmente insieme, non è necessario un dialogo immediato. L’amore moderno potrebbe non avere bisogno di parole per comunicare.
“The Sound of Silence”: accompagnamento di un happy ending o un triste epitaffio?
Ma è in questo scarto tra attesa e verità che Nichols decide di lasciare aperto il finale e invitarci a guardare oltre. La canzone che fa da accompagnamento sonoro a tutta la pellicola, ovvero “The Sound of Silence” di Simon & Garfunkel, lo evidenzia. Benjamin ha corso verso Elaine non per amore, ma per sfuggire a un mondo che non comprende; allo stesso modo Elaine ha abbandonato l’altare più per impulso che per convinzione. Infatti, sull’autobus non si baciano e abbracciano appassionatamente come farebbero due innamorati, ma sembrano insicuri e infelici per l’azione appena commessa.

Scena finale di “Il laureato (©Il laureato)
È così che Nichols insinua il dubbio dove lo spettatore vorrebbe sentirsi rassicurato. I due protagonisti, dopo l’abbassamento dell’adrenalina, cominciano a pensare al futuro e si incupiscono. La preoccupazione è talmente grande che non hanno niente da dirsi. La macchina da presa rimane ferma e immobile, a testimoniare il momento in cui il sogno si sfuma e svela le sue incrinature.
Un happy ending che nasconde una triste verità
La scelta del regista ha senz’altro reso “Il laureato” un film generazionale e senza tempo, ma ha lasciato anche un monito incrollabile. Non tutti gli happy ending sono davvero tali, e a volte la verità più profonda si nasconde dietro a sorrisi che lentamente si spengono.
Fonte: Corriere di Bologna
