I LOVE LUCCA COMICS & GAMES, il film-evento che racconta il cuore pulsante e il dietro le quinte di una delle manifestazioni più amate al mondo dedicate alla cultura pop, sta conquistando il grande schermo.
In seguito all’anteprima svoltasi l’8 e 9 novembre a Matera e a Milano, il film è approdato nelle sale di tutta Italia il 10, 11 e 12 novembre, distribuito da I Wonder Pictures in collaborazione con Unipol Biografilm Collection. E non finisce qui: sul calendario è stato fissato un altro evento speciale fissato per oggi a Salerno e Napoli.
Ciò che ha reso questo evento cinematografico ancora più unico e coinvolgente è stata la presenza e l’incontro in sala con i protagonisti del film: dal regista e sceneggiatore Manlio Castagna alla scrittrice fantasy Licia Troisi, dal visionario Gabriele Mainetti all’illustratore Paolo Barbieri, sino al fumettista Simone Bianchi e all’autore Pierdomenico Baccalario.

Intervista esclusiva al regista del film, Manlio Castagna
Manlio Castagna è il regista del film, laureato in Scienze della Comunicazione, scrittore di romanzi, giornalista e insegnante presso la Scuola Holden di Torino, ha intrapreso una carriera che intreccia cinema e letteratura.
In un incontro avvenuto qualche giorno fa, il regista ha risposto ad alcune domande.
Qual è stata l’idea originaria che ha dato vita alla realizzazione del film I LOVE LUCCA COMICS & GAMES?
«L’idea nasce da un incontro che ho avuto con Andrea Romeo, il SEO di I Wonder Pictures. Ci siamo incontrati a Bologna e abbiamo parlato di quanto il Lucca Comics & Games sia speciale e abbia assunto le dimensioni di un fenomeno culturale straordinario. Nasce così, da un dialogo, l’idea di raccontare la manifestazione in un film documentario che potrebbe essere il primo di una serie di film. Il Lucca Comics negli anni ha beneficiato di uno sdoganamento della cultura pop in Italia facendosi addirittura promotore e motore di un cambiamento di prospettiva, ovvero di come la cultura pop venga percepita e interpretata dalle persone. Fino a qualche anno fa gli amanti di fumetti, manga, anime e cosplay erano considerati una nicchia. Negli ultimi anni in concomitanza con la crescita del Lucca Comics si è diffusa sempre più la sensibilità verso questo genere. Raccontare questo evento significa anche raccontare un luogo che può cambiare la vita di tutti noi e che ha finito per modificare la cultura e il costume italiano».
Quali emozioni e aspetti hai colto nel vedere il Lucca Comics and Games attraverso la telecamera?
«Il percorso che ha portato alla realizzazione di un progetto di questo tipo è stato molto stimolante ed eccitante ma allo stesso tempo anche spaventoso perché presupponeva l’affrontare un corpo multiforme che è composto da tantissime anime, teste e ha tante declinazioni. In una simile occasione tanti soggetti compongono questa sorta di mandala. La manifestazione assume le sembianze di una grande opera d’arte effimera in quanto si svolge nell’arco di pochi giorni per poi ricrearsi l’anno dopo. Dunque direi che una delle emozioni predominanti era proprio la paura. Avevo anche il timore che le condizioni atmosferiche non ci avrebbero assistito: a Lucca in quel periodo piove molto spesso. Perciò girare un film con la difficoltà di una folla enorme e con l’aggravante della pioggia sarebbe stato un disastro».
Come sono avvenute le riprese?
«È stata un’ organizzazione complessa che ha richiesto molto tempo per essere approntata. Una sorta di battaglia perché è stato difficile anche muoversi tra la folla con le attrezzature cinematografiche come carrelli e luci. Ci siamo suddivisi in due unità di produzione che si muovevano in maniera coordinata ma comunque distante. Abbiamo potuto contare inoltre sulla partecipazione della crew di Lucca Comics che ci ha supportati anche in altri aspetti della realizzazione. È stata dunque una sinergia di più unità operative. Era necessario arrivare lì con le idee chiare, sapere cosa riprendere giorno per giorno e mantenere quel programma senza mai modificarlo evitando di sforare i tempi».

Come avete scelto le storie?
«Abbiamo scartato l’idea di dare ampio spazio alla voce di ospiti o di celebrities perché questa scelta sarebbe stata la più semplice ma avrebbe compromesso lo spirito che volevamo che questo film avesse. Questo è un evento di comunità e quindi è la comunità che deve esprimersi. Abbiamo fatto una call con gli organizzatori per cercare delle storie, chiedendo alle persone di renderci partecipi delle loro esperienze. In molti hanno risposto a questo invito e così abbiamo cominciato a selezionare facendo delle audizioni online e delle interviste via Zoom. Alla fine abbiamo scelto quelle che ci sembravano le storie più narrative e interessanti».
Manlio Castagna non è solo regista e sceneggiatore, ma anche critico e scrittore. Nella sua ricca bibliografia, infatti, figurano romanzi thriller, fantasy, saggi, graphic novel e libri per ragazzi.
Da dove trai tutta questa ispirazione e da dove nasce la tua creatività?
«È una domanda molto complessa. Per me basta guardare il mondo, sentirlo, essere curioso. Gli spunti sono ovunque. L’importante è farsi delle domande. Se vedi qualcosa che ti interessa, ti affascina o ti intriga cominci a porti dei quesiti. Quando cominci ad indagare la realtà allora le storie fluiscono da sole. Sono amante del cinema, ho 51 anni e vivo da sempre nelle storie. È come se quegli spunti che la realtà ti offre entrassero in un campo già fertile e facessero germogliare a loro volta delle altre storie. È una combinazione, un assemblaggio di ciò che tu vedi e che ti appassiona nella realtà con tutto ciò che hai sentito, hai visto, vissuto nel corso della tua vita. La creatività nasce da questo matrimonio».
Hai qualche dritta per coloro che vogliono perseguire una carriera nel mondo della scrittura, del giornalismo o della produzione cinematografica?
«Io non faccio molto testo perché ho fatto un percorso piuttosto «esotico». Non avevo il sogno di fare lo scrittore a tutti i costi, mi è sempre piaciuto scrivere ma sicuramente il mio principale obiettivo e progetto di vita era lavorare nel cinema. Non ho mai seguito scuole o accademie. Già da ragazzino, avevo 12 anni, ho cominciato ad essere incuriosito dalla telecamera e a cimentarmi nelle riprese. Poi si è verificato un caso fortunato nel 2018: ho scritto un romanzo, Petrademone, che Mondadori ha scelto di pubblicare e che in seguito è diventato un best seller. Questo mi ha aperto la strada e mi ha concesso l’opportunità di rendere questa passione la mia professione. La cosa migliore che posso consigliare è di studiare le tecniche della scrittura in quanto per scrivere romanzi occorre molta disciplina. Per diventare scrittore è necessario impegnarsi in un esercizio costante di scrittura. Anche quando insegno alla Holden dico che metodo e disciplina sono la conditio sine qua non. Poi puoi eventualmente partecipare a concorsi e imparare a saperti vendere. La scrittura è un muscolo».
Puoi darci un’anticipazione su qualcuno dei tuoi prossimi progetti?
«Io non vivo un giorno senza progetti, se finisco una cosa ne inizio subito un’altra. Entro giungo 2026 è in programma l’uscita di tre libri: un romanzo, un testo che raccoglie consigli cinematografici e un saggio divertente sul medioevo. Inoltre sto scrivendo due nuovi film».
Auguriamo a Manlio Castagna che ringraziamo per la disponibilità mostrata nel rispondere alle nostre domande, di ottenere con i suoi prossimi lavori lo stesso successo raggiunto in questi anni grazie alla sua inesauribile vena creativa.
