Chris Rea se n’è andato in silenzio, a pochi giorni dal Natale, lasciando dietro di sé una delle discografie più riconoscibili e amate della musica europea tra gli anni Ottanta e Novanta. Il cantautore e chitarrista britannico è morto all’età di 74 anni dopo una breve malattia, circondato dall’affetto della moglie e delle figlie. A comunicarlo è stata la famiglia, sottolineando come la sua musica abbia accompagnato intere generazioni, diventando parte della vita quotidiana di milioni di persone.
Il suo nome resterà per sempre legato a brani entrati nell’immaginario collettivo, come Josephine e soprattutto Driving Home for Christmas. Una canzone che, paradossalmente, Rea non avrebbe mai voluto pubblicare e che invece è diventata una delle colonne sonore più riconoscibili delle festività natalizie.
Dalle radici italiane al cuore dell’Inghilterra industriale
Nato a Middlesbrough, nel nord dell’Inghilterra, Chris Rea aveva origini miste: il padre Camillo, emigrato da Arpino in Ciociaria, e la madre irlandese. Cresciuto in una famiglia che gestiva un chiosco di gelati, Rea si avvicinò alla musica relativamente tardi, iniziando a suonare la chitarra nei primi anni Settanta. I primi passi li mosse con la band Magdalene, che nel 1975 vinse un concorso nazionale senza però riuscire a trasformare quell’occasione in un vero contratto discografico.
Il debutto solista arrivò nel 1978 con Whatever Happened To Benny Santini?, titolo ironico che prendeva in giro lo pseudonimo “italianeggiante” che la casa discografica avrebbe voluto imporgli. Un disco che attirò l’attenzione della critica e gli valse anche una candidatura ai Grammy, segnando l’inizio di una carriera destinata a crescere negli anni successivi.
Il successo tra rock, blues e melodie intime
La consacrazione arrivò tra la fine degli anni Settanta e gli Ottanta, grazie a uno stile personale capace di fondere rock melodico e blues, sostenuto da una slide guitar immediatamente riconoscibile. Brani come Fool (If You Think It’s Over) e Let’s Dance lo portarono nelle classifiche britanniche ed europee, ma fu con album come The Road to Hell (1989) e Auberge (1991) che Rea raggiunse il vertice del successo commerciale, conquistando il primo posto nel Regno Unito.
Accanto ai grandi numeri, però, c’era un’anima più intima e narrativa, che emergeva in canzoni come Josephine e On the Beach, capaci di raccontare emozioni personali con un linguaggio semplice ma profondo. Era questa dualità a rendere Rea un autore trasversale, apprezzato sia dal grande pubblico sia dagli ascoltatori più attenti.
Chris Rea (©Licenze Creative Commons)
La canzone che non voleva diventare un classico
La storia di Driving Home for Christmas è forse il racconto più emblematico del suo rapporto con la musica. Scritta alla fine degli anni Settanta durante un periodo di difficoltà professionale, la canzone nacque quasi per scherzo, bloccato nel traffico sotto la neve mentre tornava a casa con la moglie. Rea non era convinto di pubblicarla: temeva che un brano natalizio potesse sminuire il percorso artistico che stava costruendo.
La scelta di farla uscire nel 1986 si rivelò invece decisiva. A distanza di quasi quarant’anni, il brano continua a rientrare nelle classifiche britanniche ogni dicembre, diventando un rituale collettivo. Proprio nei giorni precedenti alla sua morte, la canzone era tornata nella top 30 del Regno Unito, assumendo oggi un significato ancora più malinconico.
La morte di Chris Rea chiude un capitolo importante della musica britannica, ma il suo lascito resta indelebile. Le sue canzoni continuano a essere ascoltate, reinterpretate e tramandate, attraversando stagioni e generazioni. In particolare, quel viaggio verso casa cantato quasi per caso continua a risuonare ogni Natale, come un saluto familiare di un artista che ha saputo trasformare la semplicità in emozione duratura.