Era il 1975, agli Abbey Road Studios risuonavano le note di Wish You Were Here, quando Syd Barrett, l’enigmatico fondatore dei Pink Floyd, fece la sua comparsa. Si presentò per due giorni consecutivi al fianco dei suoi ex compagni, dopo anni di silenzio.
Ad anni di distanza è Nick Mason, 81 anni, batterista storico della band, a riaccendere l’attenzione su questo episodio diventato leggendario.
L’apparizione inaspettata di Syd Barrett
Per i Pink Floyd fu uno shock: l’apparizione di Barrett, proprio nel momento in cui la band stava registrando quel disco così segnato dalla sua assenza e dal suo ricordo, provocò un senso di smarrimento, stupore e commozione lasciando i membri del gruppo profondamente colpiti. Arrivò in silenzio, quasi irriconoscibile: calvo, appesantito, con una semplice busta di plastica in mano.
Gli ex compagni di Barret sono sempre stati travolti da un senso di colpa nei confronti del chitarrista, soprattutto per averlo abbandonato in un momento di forte crisi emotiva, in balìa di sostanze e dipendenze. Una ferita mai rimarginata, intrisa di colpe e un addio mai davvero accettato.
L’album Wish You Were Here venderà oltre 20 milioni di copie, diventando uno dei più amati della loro intera carriera, secondo solo a The Dark Side of the Moon.

Syd Barret, fondatore dei Pink Floyd
Il ritorno di un capolavoro: Wish You Were Here festeggia 50 anni
Proprio quel disco, a cinquant’anni dalla sua uscita, tornerà nei negozi il 12 dicembre in una nuova edizione celebrativa, arricchita da 16 tracce live del 1975 mai pubblicate e dal singolo Have a Cigar, all’epoca distribuito solo in Giappone.
Il percorso dietro la realizzazione dell’album
Solitudine, isolamento, assenza: sono questi i temi che caratterizzano il lavoro. Tuttavia, Nick Mason confessa che l’idea complessiva dell’album emerse solo verso la fine delle registrazioni, anche grazie alla visita a sorpresa di Barrett, dando una direzione più netta. Infatti i primi sei mesi di registrazione la band tentò di costruire il disco utilizzando solo suoni provenienti da oggetti domestici, un esperimento che si rivelò tuttavia fallimentare.
Un ruolo fondamentale, secondo Mason, lo ebbero anche le immagini ideate da Storm Thorgerson e Aubrey Powell: una volta completato l’artwork, tutto cominciò ad acquisire un senso.
L’incontro confuso con Syd Barrett
Alla domanda riguardo a cosa ricordasse della visita di Syd Barrett in studio, Nick Mason racconta che la cosa più curiosa consisteva proprio nel fatto che ciascun membro della band sembrava avere una versione leggermente differente di quelle giornate.
«Io pensavo che fosse venuto solo un giorno – rivela il batterista- ma è abbastanza chiaro che in realtà sia venuto due volte. E per qualche motivo, io non c’ero quel secondo giorno». Ricorda di essere stato presente in sala di registrazione quando Syd entrò nella sala regia, ma di non averlo riconosciuto subito. Fu David Gilmour a sussurrargli: «È Syd, non lo riconosci?». Un momento scioccante probabilmente per tutti i compagni.

Nick Mason alla batteria
Nick Mason riflette sull’addio di Syd Barrett
Sull’allontanamento di Syd Barrett e su un eventuale rimpianto per come le cose fossero andate, Nick Mason ammette che qualche rimorso c’è. Sostiene che la droga abbia avuto un ruolo nell’allontanamento dell’ex compagno.
C’è chi sosteneva che dosi particolarmente forti di LSD avrebbero potuto contribuire al deterioramento psicologico di Barrett. Tuttavia ritiene non essere stata l’unica causa del suo addio.
Secondo Mason, Barrett aveva già in parte scelto di non voler più far parte della band, una decisione che loro avevano frainteso, interpretandola come rabbia o come un atteggiamento di rifiuto. Il musicista infatti confessa: «L’abbiamo affrontata molto male, ma non sapevamo come comportarci».
Il peso del successo e della crescita personale
Per il batterista, Wish You Were Here resta l’album più amato, ma anche il più complesso nella storia dei Pink Floyd. Spiega inoltre: «Penso che i motivi fossero due. Il primo è che arrivavamo da Dark Side. E quindi tutti sapevano che il disco successivo sarebbe stato accolto con molte aspettative».
Ma la difficoltà più profonda, aggiunge Mason, era intima e personale, Dopo anni ed esperienze condivise sempre a stretto contatto, sempre in tour, anche i membri del gruppo stavano crescendo e cambiando e il loro stile di vita con loro. Alcuni di essi, infatti, si erano sposati, avevano avuto figli. Non era più come prima e l’idea di passare le giornate chiusi in studio cominciò a diventare un impegno consistente.
Il conflitto tra Roger Waters e David Gilmour
Sul conflitto tra Roger Waters e David Gilmour, Nick Mason risponde dicendo di non essere in grado di motivare la frattura tra i due. Ma suggerisce l’idea che probabilmente Roger volesse lavorare in modo più autonomo. Nonostante ciò aggiunge: «In quattro producevamo un lavoro migliore che non da soli».
«Rimaniamo in contatto»: Mason e i legami con Waters e Gilmour
Riguardo alle tensioni, il musicista confidandosi, ammette di aver sempre evitato di prendere posizione ed è rimasto in contatto con i membri del gruppo, in particolare con Roger Waters. Con David Gilmour ha suonato insieme alla sua band, i Saucerful of Secrets, durante un concerto a New York.
Dai Pink Floyd ai Saucerful
«Cosa le manca di più dei Pink Floyd?». A tale domanda, Nick risponde che ricorda con nostalgia i momenti sul palco nei quali suonava con i suoi ex compagni. Non si può cancellare il cameratismo e la storia condivisa sin dal 1967. «Mi piace andare in tour con i Saucerful, ma ho passato 40 anni con Roger. Si sviluppa un’alchimia unica».
Il ricordo più felice nel ricordare i Pink Floyd
Tra i ricordi più felici, Mason torna con la mente al primo tour in America della band, un’avventura emozionante vissuta da giovani ingenui, con New York che rimane impressa come una tappa indimenticabile.
