La notizia della morte delle gemelle Kessler ha scosso il mondo dello spettacolo, chiudendo una storia di spettacolo lunga oltre 65 anni. L’addio ad Alice ed Ellen segna la fine di un’epoca televisiva che ha attraversato Europa, Italia e culture diverse, lasciando un segno che resta vivo.
L’Italia e la Germania piangono due icone assolute. Alice ed Ellen Kessler, trovate senza vita nella loro abitazione di Grünwald, vicino a Monaco di Baviera, si sono spente all’età di 89 anni, scegliendo un epilogo condiviso.
Secondo le ricostruzioni di Bild, Repubblica e fonti ufficiali tedesche, le due artiste avrebbero fatto ricorso al suicidio assistito, pratica consentita in Germania e regolata da norme molto precise.
La loro scomparsa apre una riflessione più ampia non solo sul loro percorso artistico, ma su un legame umano e professionale che non ha mai conosciuto separazioni. Nemmeno nel momento dell’addio.

Le Gemelle Kessler (© Ufficio Stampa RAI)
Morte delle gemelle Kessler, una scelta consapevole e pianificata negli anni
La morte delle gemelle Kessler è avvenuta nei due appartamenti comunicanti in cui vivevano da sempre fianco a fianco. La polizia bavarese ha escluso qualsiasi coinvolgimento esterno.
La portavoce della Deutsche Gesellschaft für Humanes Sterben, Wega Wetzel, ha confermato che le due artiste avevano «scelto la data della morte molti mesi fa». Un medico e un avvocato dell’associazione erano presenti per supervisionare il rispetto del protocollo, come prevede la legge tedesca.
Il suicidio assistito in Germania richiede che la persona assuma in completa autonomia il farmaco letale. È una scelta che si colloca all’interno di un contesto legale, ponderato e volontario.
Da tempo le due sorelle avevano espresso il desiderio di «andarsene insieme, lo stesso giorno», come dichiararono in un’intervista al Corriere della Sera uscita in occasione del loro 88° compleanno.
Dalla Sassonia al mito europeo: una carriera identica e indivisibile
Nate nel 1936 a Nerchau, in Sassonia, Alice ed Ellen iniziarono nella danza classica al Teatro d’Opera di Lipsia. A diciotto anni lasciarono la Germania Est per approdare nell’Ovest, debuttando al Palladium di Düsseldorf prima di conquistare Parigi.
Con l’ingresso nelle Bluebell Girls, il loro talento esplose. Nel 1959 rappresentarono la Germania Ovest all’Eurovision Song Contest.
Una carriera ascendente, costruita con disciplina quasi militare e capacità di dominare palcoscenici europei in un’epoca segnata da grandi trasformazioni culturali.
L’arrivo in Italia: rivoluzione e modernità televisiva
Il gennaio 1961 segna il vero punto di svolta: l’arrivo a Roma, suggerite dall’indimenticabile Don Lurio. Il regista Antonello Falqui intuì subito l’impatto delle due sorelle, inserendole prima in Giardino d’inverno e poi in Studio Uno. Da lì nacquero successi che hanno attraversato generazioni: Da-da-un-pa, La notte è piccola, Pollo e champagne, Concertino.
Modernissime, eleganti e irriverenti, le Kessler cambiarono il linguaggio televisivo con un gesto semplice ma rivoluzionario: mostrare gambe libere e coreografie audaci. La Rai arrivò persino a imporre calze coprenti speciali, ma quella censura contribuì a definire un modello nuovo di femminilità nello spettacolo italiano.
Cinema, teatro, copertine e scelte artistiche coraggiose
La televisione fu solo il primo passo. Le Kessler arrivarono al cinema con Dino Risi, parteciparono a produzioni internazionali come Sodoma e Gomorra, affrontarono il teatro brechtiano, si cimentarono nel varietà televisivo degli anni Settanta e non rinunciarono a scelte provocatorie come il celebre servizio per Playboy, record di vendite.
La loro immagine finì sulla copertina di Life nel 1963: un riconoscimento globale. Anche negli anni Ottanta tornarono spesso nella tv italiana: da Canzonissima ad Al Paradise, fino a La fabbrica dei sogni del 1988, primo progetto in cui comparvero separate sul palco.
Un patrimonio culturale che non svanirà con la morte delle gemelle Kessler
Inseparabili nella vita e nell’arte, le Kessler hanno chiesto di essere cremate e conservate in un’unica urna, accanto alla madre Elsa e al loro cane Yellow.
Nel 2006 donarono tutto il loro patrimonio a Medici Senza Frontiere: un gesto che confermò la loro idea di mondo e di solidarietà. La loro eredità va oltre lo spettacolo: parla di coraggio, modernità, libertà artistica e della capacità di restare simboli per decenni.
La morte delle gemelle Kessler chiude un capitolo, ma non cancella ciò che hanno rappresentato. Le loro immagini, i brani e la loro presenza scenica restano un archivio di modernità che continua a parlarci, anche adesso.
