Bologna è una città che si comprende osservandola da ferma. Basta sostare qualche minuto sotto un portico, all’angolo di una via centrale o davanti a un attraversamento pedonale, per rendersi conto di un fenomeno che ormai attraversa quotidianamente il centro storico: il passaggio continuo di biciclette elettriche e monopattini. Un flusso costante, spesso rapido, talvolta disordinato. Non si tratta solo di numeri, ma di comportamenti e velocità che pongono interrogativi sempre più urgenti sulla sicurezza urbana, come riportato da un’indagine de Il Resto del Carlino.
Il centro di Bologna pronto per Natale (© Comune di Bologna)
Un flusso continuo nel cuore della città
Le zone più frequentate raccontano meglio di qualsiasi statistica ciò che accade. In strade come via Rizzoli e via Ugo Bassi, nei pressi della stazione ferroviaria e nell’area universitaria tra piazza Verdi, via Zamboni e via Petroni, il passaggio di mezzi elettrici è incessante. Nell’arco di mezz’ora, il numero di bici elettriche e monopattini che attraversano gli stessi punti può superare abbondantemente le quaranta unità. In stazione, in pochi minuti, il flusso si infila tra autobus, taxi e auto in sosta temporanea, mentre nella zona universitaria, soprattutto nelle ore di punta, la densità aumenta e la velocità media sembra crescere insieme al nervosismo della circolazione.
Bologna e i mezzi modificati: quando la tecnica diventa illegalità
Come riportato nell’indagine de Il Resto del Carlino, dietro molte di queste velocità anomale si nasconde un fenomeno noto agli addetti ai lavori: la modifica artigianale dei dispositivi elettrici. Centraline elettroniche riprogrammate o sostituite, sensori di velocità aggirati con magneti o cablaggi improvvisati, batterie potenziate per aumentare spunto e autonomia. Interventi che trasformano un semplice velocipede in qualcosa di molto simile a un ciclomotore, ma senza targa, assicurazione, casco obbligatorio e soprattutto senza una struttura progettata per sostenere quelle prestazioni. Non si tratta solo di una violazione amministrativa: un mezzo che raggiunge i 40 o 45 chilometri orari in mezzo a pedoni e biciclette tradizionali diventa imprevedibile e pericoloso.
Piazza Aldrovandi Bologna (© Nuzzi-Benvenuti – Corriere di Bologna)
Le voci della strada: paura e consapevolezza
A raccontare il rischio quotidiano sono soprattutto i cittadini. Pedoni che lamentano mezzi troppo silenziosi e veloci, studenti che parlano di incidenti sfiorati, anziani che confessano di non sentirli arrivare. Anche tra i rider emerge una consapevolezza diversa: c’è chi ammette che la tentazione di andare più veloce esiste, perché significa più consegne e più guadagni, ma sottolinea come il rischio sia troppo alto. Perdere il mezzo significa perdere il lavoro.
Fonte: Il Resto del Carlino