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Cinema

Alfonso Cuarón: «Volevo urlare l’emozione di questa memoria»

Il cineasta messicano ospite ieri sera della Cineteca di Bologna (al Modernissimo), per la proiezione del suo film “Roma”. Scambio di battute con il Direttore Gian Luca Farinelli: «La prossima volta lo proietteremo in 70mm, in Piazza Maggiore però…»

Alfonso Cuarón e Yalitza Aparicio sul set di 'Roma' ©RollingStone

Una serata da incorniciare, quella andata in scena ieri al cinema Modernissimo. La splendida sala, che ha da poco ricevuto il suo secondo biglietto d’oro consecutivo, in altrettanti anni di attività, ha ospitato Alfonso Cuarón. Il regista messicano, dopo aver ricevuto il premio Fellini a Rimini, non poteva mancare a Bologna, dove è particolarmente amato. La sala gremita era scontata, il calore e l’emozione del pubblico, probabilmente, anche. Il dialogo del cineasta con il Direttore della Cineteca di Bologna, Gian Luca Farinelli, si è soffermato sulla spinta personale (poco convenzionale) nel pensare e ideare un film come “Roma”.

Il rapporto di Cuarón con il suo ultimo film

«Un regista che ha un dialogo fertile con la storia del cinema». Farinelli introduce l’ospite per poi virare sull’aspetto prettamente personale del regista: «Il film ‘Roma’, che parla della tua infanzia, volevi farlo da tempo e ti sei sentito pronto per farlo?» Cuarón sfoggia un italiano ammiccante, incede ripensando alla sua storia, che è quella di ‘Roma’ (quartiere borghese e centrale di Città del Messico dove il regista è nato e cresciuto): «A ‘Roma’ avevo pensato tanti anni prima di fare ‘Gravity’; non è stata una necessità raccontare la mia vita. Volevo parlare della famiglia in una dinamica particolare e volevo raccontare la storia di Cleo (nel film è la tata della famiglia, figura ispirata alla bambinaia di Alfonso Cuarón, Liboria Rodriguez).

Ho parlato tanto tempo con ‘Libo’, chiedendole della sua vita nei minimi particolari, perché la mia al tempo, era una percezione da ragazzino. Inoltre, un muro enorme era dettato dalla razza sociale nel Messico di quegli anni. Volevo sapere tutta la giornata di ‘Libo’, a partire dai dettagli più insignificanti: ‘Gravity’ fu un’esperienza meravigliosa ma mi mancava fare film che parlassero della Terra, tornare alla realtà.»

Alfonso Cuarón al Modernissimo, 08/12/2025 2

Il processo creativo di Alfonso Cuarón

Per questo film il cineasta, oltre a scrivere la sceneggiatura e dirigere la regia, ha ricoperto, egregiamente, il ruolo di direttore della fotografia. «Scrivo senza guardarmi indietro, senza struttura, perché per me la scrittura è anche un esercizio di memoria. Capita di scrivere più dell’emozione che di rievocare l’evento preciso. ‘Roma’ non ha influenze perché decisi di non guardare più film, eccetto quelli tremendamente commerciali.  La realizzazione doveva essere identica alla mia memoria e questo valeva in egual misura per la resa fotografica e per la sceneggiatura.»

Sceneggiatura

Alfonso Cuarón prosegue nel racconto, immergendosi nella stesura del film: «La regola era che nessuno potesse vedere e leggere la sceneggiatura. Io non sapevo cosa stessi facendo, lo scoprivo giorno per giorno. Anche gli attori sapevano poco o nulla: alla mattina leggevo la scena da girare e lo dicevo agli attori; ad essi davo esclusivamente i loro dialoghi, non quelli della sceneggiatura completa (ricordiamo, attori non attori senza esperienza alcuna). Alla fine delle riprese, decisi di inviare la sceneggiatura a mio fratello (Carlos che scrisse con Alfonso ‘Y tu mamá también’); chiamò subito dopo, mi disse che ero impazzito, che quella era una narrativa non convenzionale, una narrativa da teatro. Ma io volevo fare un film che non avevo fatto mai.

Alfonso Cuaron al Modernissimo, 8/12/2025 3

Il legame con il passato

Cuarón salta da un argomento all’altro, con la versatilità e l’emozione che solo i più grandi artisti possiedono: «Ho preteso tanto rigore sui dettagli per la realizzazione del film ‘Roma’. Questo perché Città del Messico è una tragedia per il modernismo. La città è cambiata completamente, sono state distrutte opere bellissime dell’architettura per far spazio ad edifici commerciali anonimi. Seguendo la mia memoria ho costruito il film: la macchina del vicino, ad esempio, doveva essere di quel colore e di uno specifico anno di uscita, tutto doveva essere identico al passato.

Alfonso Cuarón

Il tendone si era aperto in precedenza, svelando l’atteso ospite in compagnia di Farinelli. Il giubilo si quieta; le luci si abbassano e la sala si accende. Il proiettore irradia la sala, investendola con la sua funzione. In religioso silenzio, il pubblico si gode il capolavoro di Cuarón: «volevo urlare l’emozione di questa memoria». La folla accorsa al Modernissimo ringrazia il regista messicano, testimone dei suoi ricordi passati con cui ha emozionato i presenti. Storditi e frastornati nel tragitto verso casa, avranno ripensato a quelle vivide immagini di una storia vissuta, raccontata dal punto di vista interno. Chi riflettendoci, qualcun altro versandoci sopra qualche lacrima; anche questa è l’anima immarcescibile della storia del cinema.

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