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Lo Hobbit: la porta d’ingresso alla Terra di Mezzo

Il libro “Lo Hobbit” di J.R.R. Tolkien può essere considerato la porta d’ingresso alla Terra di Mezzo. Lo stile di scrittura e l’approccio al mondo di Arda rendono questo testo il “migliore” per avvicinarsi al mondo di Tolkien

Gandalf davanti a Casa Baggins
Gandalf davanti a Casa Baggins (© John Howe)

Lo Hobbit, di J.R.R Tolkien, pubblicato nel 1937, può essere definito come “la porta d’ingresso alla Terra di Mezzo”. Professore di lingua e letteratura inglese a Leeds e Oxford tra il 1920 e il 1959, l’autore è noto soprattutto per essere uno dei padri del genere “fantasy” e per aver “inventato” la Terra di Mezzo, universo reso celebre da Lo Hobbit, appunto, e Il Signore degli Anelli.

Una storia nata per “caso”

Lo Hobbit, in particolare, è un romanzo che nasce in circostanze particolari e potremmo dire casuali: la vicenda unisce la passione personale di Tolkien, ovvero creare una realtà dove far parlare ai personaggi lingue di sua invenzione, come l’Elfico, ai momenti in cui raccontava storie ai suoi quattro figli.

Il risultato è un romanzo di stile fiabesco, che però ha già in sé tutti i semi e le caratteristiche della Terra di Mezzo “matura” del Signore degli Anelli: il popolo minuto degli Hobbit, esseri paciosi dai piedi pelosi che però nascondono – molto in fondo – del grande coraggio, che li porterà ad essere protagonisti in un mondo popolato da Elfi, Nani, Draghi e Maghi.

Copertina de "Lo Hobbit illustrato"

Copertina de “Lo Hobbit illustrato”

Lo Hobbit, la porta d’ingresso al mondo di Tolkien

Un Hobbit, Bilbo Baggins, è quindi il protagonista della storia: un borghese pigro e pacioso che però trova sulla sua strada un mago, Gandalf, e tredici Nani orgogliosi e nostalgici della loro terra perduta, il regno di Erebor, su “a nord”. Assieme a loro, dovrà cercare di recuperare il favoloso tesoro dei Nani, rubato dal Drago Smaug, che secoli prima ha devastato il loro reame, costringendoli all’esilio. I Nani, ovviamente, non sono molto convinti che Bilbo possa essere utile, ma Gandalf li convince a portarlo con loro, ingaggiandolo come “scassinatore” (essendo piccolo, forse può passare non visto tra le zampe del drago). Bilbo all’inizio si renderà ridicolo, ma col tempo diventerà sempre più importante e soprattutto coraggioso.

Inutile svelare al lettore tutta la trama; quel che è importante sottolineare qui è che Lo Hobbit è cruciale per tutta la vicenda editoriale di Tolkien, perché in questa vicenda vengono introdotti, in maniera acerba e contraddittoria, elementi che diventeranno iconici, sia a livello letterario che pop, nei futuri 90 anni: gli Hobbit e la Contea, Gandalf, Gollum, l’Anello del Potere e Sauron (che qui si chiama Negromante).

I Nani e Gandalf arrivano a casa Baggins

I Nani e Gandalf arrivano a casa Baggins (© Alan Lee)

Uno stile che matura con l’avanzare della storia

Il tutto in uno stile che inizia in modo fiabesco, con un narratore onnisciente che sottolinea continuamente ciò che accade e prefigurando in qualche modo eventi futuri. Per esempio, lo sentiamo sottolineare, ogni volta che Bilbo rimpiange il suo letto e la sua cuccuma del tè, che quella “non sarebbe stata l’ultima volta”. Oppure lo vediamo dare giudizi o impressioni sui personaggi stessi, da Gandalf a Bilbo, passando per il drago Smaug e il leader dei Nani, Thorin Scudodiquercia. Questi commenti, però non sono mai invasivi, e aleggiano con leggerezza sulla storia, che va avanti, crescendo di intensità e di “serietà”.

Infatti, man mano che la vicenda procede, il tono si fa più serio e cupo, e negli ultimi capitoli iniziamo a scorgere quello stile malinconico e agrodolce, che è una delle principali caratteristiche di Tolkien.

Un libro per tutti, che apre la porta a un mondo

Lo Hobbit quindi è un romanzo che possono leggere tutti, ed è il miglior modo per “entrare” nella Terra di Mezzo: introduce lo sfondo, i personaggi e le vicende che li riguardano, ma senza andare in profondità riguardo i grandi temi che poi troveremo nel Signore degli Anelli; anche perché molti di questi temi erano ancora in embrione e sarà proprio questo romanzo “fiabesco” a permettere a Tolkien di farli venire alla luce.

L’editore di J.R.R. Tolkien, infatti, Stanley Unwin, dopo il successo del libro, gli chiese un seguito. Tolkien non era molto convinto, ma si mise – con lentezza – al lavoro, e il risultato fu Il Signore degli Anelli.

Ma questa è un’altra storia… che finirà tra i prossimi consigli letterari di Radiabo.

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